Pesci velenosi

La fauna marina può essere potenzialmente pericolosa per l’uomo. Vi sono pesci, dotati di aculei, denti o pungiglioni, la cui puntura può essere pericolosa per l’uomo. Tra questi ricordiamo:

Razze – Vivono abitualmente nelle regioni tropicali, subtropicali o temperate calde, in acque poco profonde e protette dalle maree o nei fondali sabbiosi tra gli scogli. Le razze possiedono da uno a quattro aculei velenosi situati sulla superficie  dorsale. La razza attacca quando viene calpestata inavvertitamente da un bagnante o quando incautamente questi afferra l’animale. Di solito, l’uomo viene colpito alle gambe, ma occasionalmente anche al torace e all’addome, con conseguenze talvolta assai gravi. Raramente compaiono vomito, crisi convulsive, ipotensione e paralisi. Il veleno prodotto si deteriora col calore. La ferita va perciò posta in acqua calda.

Celenterati – Sono predatori che si nutrono di pesci, crostacei e molluschi. Ne esistono 9000 specie, ma quelle pericolose per l’uomo sono circa 100. Il velenoviene inoculato da microscopici organelli pungenti (cnidocisti). Le cellule  urticanti sono situate sulla superficie esterna dei tentacoli o in prossimità della cavità orale e vengono stimolate dal contatto con la cute della vittima. Nel Mar dei Caraibi e sulle coste degli Stati Uniti, i celenterati che più spesso creano problemi  sanitari sono il corallo di fuoco (millepora- alcicomis), gli idrozoi e le meduse. Tra queste ultime, quella responsabile di lesioni più gravi è la Caravella portoghese (Physaliaphysalis) che vive nell’Oceano Atlantico. Nell’Oceano Indiano e nel Pacifico vivono alcune specie di meduse particolarmente urticanti, come la cubomedusa (Chironexfleckeri), che invadono periodicamente le acque frequentate da bagnanti. Il contatto con queste meduse lascia sulla cute segni di tentacoli di aspetto smerigliato. Contro il loro veleno esiste un antidoto. Nel Pacifico meridionale  vive un anemone di mare (Actinodendronplu- mosum) la cui puntura è responsabile di lesioni estremamente dolorose. La gravità delle reazioni al veleno dei celenterati dipende in generale dal grado di tossicità del veleno, dallo stato di salute della vittima, dall’estensione della superficie cutanea, cecità e soprattutto di possibili manifestazioni allergiche (incluso lo shock anafilattico).

Scorpionidi – Vivono nelle acque dei mari tropicali, ma anche nei mari temperati. Agli scorpioni di appar- tengono il pesce leone, le cui lesioni, a dispetto del nome, sono abbastanza lievi, lo scorfano ed il pesce pietra. La forma ed il colore dello scorfano consentono a questo pesce di mimetizzarsi bene, tra rocce, coralli ed alghe. Gli organi velenosi sono costituiti da una dozzina di raggi spinosi situati sul dorso. Lo scorfano si trova nelle acque dell’Oceano Indiano e Pacifico, ma anche nel Mediterraneo.  La puntura avviene solitamente alle gambe e ai piedi e causa un dolore immediato che in pochi minuti si irradia a tutto l’arto. Il dolore può essere così intenso da provocare limitazione dell’arto colpito o stato di shock. Le lesioni causate dal pesce pietra sono sempre molto gravi. Il dolore, molto intenso, si irradia rapidamente e, se non si interviene, persiste per parecchie ore, se non giorni. Il tessuto cutaneo interessato dalla ferita appare subito ischemico e poi cianotico. Possono comparire vomito, cefalea, dolori addominali, crisi convulsive, aritmie, insufficienza respiratoria. La guarigione può richiedere mesi per la formazione di granulomi o di processi infettivi sovrapposti. Contro il veleno di questo pesce, esiste in Australia un antidoto specifico.

Ricci e stelle di mare – I ricci di mare o tracine vivono sui fondali rocciosi. Il loro corpo sferico è ricoperto completamente da spine calcaree molto appuntite e fragili che possono facilmente penetrare nella cute spezzandosi. I frammenti di questi aculei, difficilmente estraibili dalle ferite, provocano un immediato ed intenso dolore, cui fa seguito la comparsa di tumefazione ed arrossamento. Se le punture cutanee sono numerose (15-20) possono dar luogo a parestesie, paralisi, ipotensione e difficoltà respiratorie. Se si cammina a lungo specie sulla la battigia utilizzare sandali di plastica. Questa norma vale specialmente per i bambini.

Qualità delle acque di balneazione

Uno dei principali aspetti di salute pubblica legato al turismo è la qualità delle acque di balneazione, materia delicata ed importantissima per la salute pubblica dei bagnanti di tutto il mondo che frequentano le spiagge del Mediterraneo  (Spagna, Franca, Italia, Croazia, Grecia, Turchia) ma anche dell’Atlantico. L’Unione Europea ha emanato in questi anni direttive e normative atte a tutelare la salute dei turisti e a omogenizzare le procedure per i controlli. Nella scelta della località marina da frequentare, la qualità delle acque di balneazione deve rappresentare un elemento di scelta, considerando in particolare che i bambini sono i più suscettibili a contrarre patologie correlabili all’inquinamento biologico e fisico-chimico delle acque costiere.

Le malattie più frequentemente contratte dai bagnanti a seguito dell’esposizione all’acqua di mare interessano l’occhio, l’orecchio esterno, l’apparato respiratorio e quello gastrointestinale. Le infezioni sono legate all’inquinamento fecale delle acque costiere. Tale inquinamento è dovuto alla carenza o mal funzionamento degli impianti di depurazione delle località turistiche, allo sbocco in mare di fiumi in zone frequentate da turisti, alla crescente antropizzazione dei litorali e all’affollamento delle spiagge.

Con l’immersione nel corso della balneazione il meccanismo di ingresso dei patogeni avviene attraverso lesioni della pelle, per infezione delle mucose (occhio, naso e gola) e per ingestione.  Gli agenti patogeni provengono da scarichi fognari o sono dovuti al risciacquo del corpo dei bagnanti durante l’immersione di un patogeno da un individuo all’altro. A quest’ultima categoria di infezioni appartengono quelle causate da Staphylococcus aureus, Clostridium welchii, Pseudomonas aeruginosa e Candida albicans, organismi che sono sempre presenti sulla superficie cutanea dell’uomo, ma che possono ingenerare una malattia quando i livelli di resistenza si abbassano.  La riduzione della temperatura corporea a contatto con un’acqua piuttosto fredda, la permanenza prolungata in acqua, l’eccessiva esposizione ai raggi solari sono fattori che possono far perdere la naturale resistenza all’infezione.

Ogni anno il Ministero della Sanità presenta lo stato generale delle acque costiere determinando le acque ove è possibile bagnarsi e quelle ove esiste il divieto di balneazione. Tale censimento si basa su controlli effettuati dalle diverse USL inviati periodicamente all’Istituto Superiore di Sanità. Spesso anche le associazioni ambientaliste eseguono controlli delle acque di balneazione, riportando talvolta risultati contrastanti. L’Italia, quale membro dell’Unione  Europea, è tenuta a rispettare le disposizioni in materia emanate già dal 1976 dalla CEE. Quella Direttiva indicava alcuni parametri (coliformi totali, coloformi fecali e strepto- cocchi fecali) da monitorare identificando i valori-limite al di sopra dei quali l’acqua di mare non poteva considerarsi balenabile. I paesi della CEE applicano in modo differente tale Direttiva, che resta comunque una garanzia per il fruitore delle vacanze al mare.

Negli altri paesi del Mediterraneo e nella gran parte dei mari tropicali la garanzia dell’esistenza di misure legislative circa la qualità dell’acqua di balneazione non esiste ed il rischio di contaminazione ambientale (batteriologica e chimica) deve ritenersi maggiore. Un certo numero di studi epidemiologici volti a correlare la qualità dell’acqua costiera con la salute del bagnante sono stati effettuati da oltre un decennio in alcuni paesi europei e dell’area del Mediterraneo.  La maggior parte di questi studi è stata effettuata su campioni di popolazione piuttosto ridotta, cosa che non ha consentito di pervenire ancora risultati conclusivi circa i parametri batteriologici da monitorare.

Quelli che vengono al momento controllati sui nostri litorali sono: trasparenza, ossigeno disciolto, pH coli- formi totali, coliformi fecali, streptococchi fecali, oli minerali, tensioattivi anionici e fenoli. Per ciascuno di essi esistono limiti per la balneazione. Il turista dovrebbe cercare di informarsi presso la propria USL o direttamente presso il Ministero della Sanità o attraverso i mezzi di stampa circa la situazione igienico-ambientale delle spiagge italiane ed europee al fine di effettuare una scelta che privilegi la qualità dell’ambiente ove si intende trascorrere le vacanze al mare.

Rischi dell’altitudine

L’elevata altitudine comporta per il viaggiatore l’esposizione al freddo, bassa umidità, incremento di radiazione UV e diminuita pressione dell’aria. La principale preoccupazione è l’ipossia. A 3000 mt per esempio la PO2 ispirata  è solo il 69% di quella del livello del mare. Tipiche destinazioni ad alta quota sono Cuzco, Perù (3.400 mt), La Paz Bolivia  (3.780 mt), Lhasa Tibet (3.660 mt), Campo base Everest in Nepal (5364 mt) e Kilimangiaro, Tanzania (5.895 mt).

Il corpo umano si aggiusta molto bene all’ altitudine, ma il processo  di acclimatazione richiede tempo: 3-5 giorni. Per questo motivo è bene raggiungere le alte quote gradualmente, soggiornando se possibile per alcuni giorni ad altezze intermedie: 2.500-2750. La patologia legata all’esposizione ad alte quote può essere di tre tipi: il mal di montagna (Acute Mountain Sickness, AMS), l’edema cerebrale d’alta quota (High Altitude Cerebral Edema, HACE) e l’edema polmonare da alta quota (High Altitude Pulmonary Edema). La prima è la forma più comune. Il sintomo più comune è la cefalea,  seguita da fatica, perdita di appetito, nausea e talvolta vomito La cefalea compare 2-12 ore dopo l’arrivo ad alta quota.

La sindrome  si risolve generalmente 24-72 ore dopo l’acclimatazione. L’edema cerebrale  e l’edema polmonare d’ alta quota sono due condizioni gravi che richiedono un trattamento d’urgenza e che impongono il trasporto immediato della vittima a livelli di altitudine inferiori. Le persone che soffrono di scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica o affezioni bronco-polmonari, anemia falciforme non dovrebbero esporsi ad alte quote. L’edema cerebrale e l’edema polmonare possono però colpire anche soggetti giovani senza precedenti.

L’Acetazolamide e il Desametazone possono essere somministrati sia per la prevenzione che per il trattamento dell’ AMS e dell’ HACE. La Nifedipina può essere data sia per la prevenzione che per il trattamento dell’edema polmonare da alta quota (HAPE). Il Tadalafil, il Sidenafil e il Salmeterol può essere dato per la prevenzione dell’ HAPE:

Sono tre le regole per prevenire la morte o seri danni da patologie d’alta quota: 1 saperne riconoscere i sintomi iniziali ed eventualmente trattarli con farmaci, 2 non salire per dormire ad altitudini più alte quando siano presenti tali sintomi, anche di grado lieve, 3 scendere se i sintomi peggiorano restando alla medesima quota.

Sicurezza personale

Un altro aspetto rilevante dell’attività di counselling riguarda la tutela della sicurezza personale del viaggiatore e delle persone che con lui viaggiano. Il viaggiatore internazionale deve prestare molta attenzione alla tutela della propria sicurezza ed incolumità ed a quella delle persone con cui viaggia. Il suo comportamento deve ispirarsi sempre alla prudenza, al rispetto delle leggi e delle tradizioni locali.

A questo scopo abbiamo voluto inserire per ogni paese una voce che riguarda la situazione socio-politica con i rischi che ne conseguono per il viaggiatore che intenda recarvisi, un’altra voce relativa alla possibilità di imbattersi in eventi metereologici o disastri naturali. Queste informazioni sono state ricavate dal sito del Ministero degli Esteri “viaggiare sicuri” che si adopera per aggiornare continuamente le informazioni che possono essere utilizzate dal viaggiatore per tutelare la propria incolumità e quella dei suoi familiari.

Le norme che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda in materia di sicurezza personale sono le seguenti:

  1. Evitare assembramenti e manifestazioni politiche di protesta nei paesi in cui esistono forti conflitti politici, economici, sociali, tribali e religiosi.
  2. Moderare il consumo di alcol ed evitare assolutamente l’uso di sostanze stupefacenti.
  3. Evitare i litigi verbali che possano degenerare in scontri fisici.
  4. Lasciare la scena se ci si sente minacciati dall’umore e dal tono e dai comportamenti di persone.
  5.  Non accettare l’invito da parte di persone sconosciute di recarsi in abitazioni private o in stanze di hot
  6. Non tenere in vista i gioielli, apparecchi telefonici e daltri oggetti di valore e non portate con voi grosse somme di denaro.
  7. Evitare le spiagge isolate ed altri luoghi remoti.
  8. Evitare i treni, i bus ed i taxi collettivi stipati.
  9. Usare solo taxi autorizzati.
  10. Evitare di guidare la notte e non viaggiate mai soli.
  11. Vigilare quando si aspetta il verde ad un semaforo.
  12. Parcheggiare in zone ben illuminate e non prendere passeggeri a bordo.
  13. Affittare i servizi di una guida/interprete locale o un autista locale quando ci si reca in una zona lontana o remo
  14. Il furto dei veicoli è un rischio accertato in un certo numero di paesi. Se vi si accostano ladri armati, non tentare di resistere e tenere le mani nel campo visivo dei vostri aggressori.

 

Stipsi

Si calcola  che il 10% della popolazione soffra di questo disturbo. Il viaggio può accentuarlo. L’alimentazione è il primo fattore sui cui intervenire.  La dieta deve essere ricca di fibre, soprattutto frutta e verdura e prevedere pane e pasta integrale. Consumare i pasti senza fretta e bere acqua durante e fuori pasto in quantità adeguata. L’utilizzo di un farmaco come ZirGo può contribuire a mantenere un equilibrio della flora intestinale e mantenere e il benessere dell’apparto digerente. Le persone che soffrono cronicamente o periodicamente di stipsi possono mettere in valigia un farmaco come Onligol (Macrogol 4000), lassativo in polvere per soluzione orale. La confezione contiene 20 bustine monouso. Ogni bustina contiene 10 g di Macrogol 4000. Onligol è indicato sia nella stitichezza cronica che nel caso di intestino occasionalmente irregolare.  Grazie alla sua affinità per l’acqua, Onligol ammorbidisce le feci facilitando l’evacuazione. In questo modo favorisce un senso di benessere e sollievo.

Non provoca né crampi, né dolore addominale, né condizioni di urgenza. La sua efficacia non si riduce nel tempo. Si usa mescolando il contenuto della bustina in una qualsiasi bevanda, anche calda come tè, tisane, latte o succo di frutta, di cui non altera il gusto. Va utilizzato preferibilmente fuori dei pasti. Per le sue caratteristiche di sicurezza, Onligol consente un’ampia flessibilità di dosaggio. Negli adulti e nei bambini di peso > di 20 kg la dose è di 10 mg (1 bustina) 1-3 volte al giorno, secondo la risposta individuale.  Per ottenere un effetto più rapido, la dose massima giornaliera (30 g) può essere assunta in un’unica somministrazione. In caso di uso prolungato, la dose può essere ridotta a 10 g (1 bustina) 1-3 volte al giorno, anche a giorni alterni, preferibilmente la sera. Nei bambini fino a 20 kg, il dosaggio va commisurato al peso corporeo.  Si consiglia pertanto l’uso della confezione in flacone da 200 g di polvere con cucchiaio dosatore che consente di personalizzare la dose in funzione delle reali esigenze del bambino fino ad ottenere feci morbide, senza superare il dosaggio massimo giornaliero di 30 g.

In gravidanza ed allattamento, il prodotto va usato dietro prescrizione medica. Onligol può essere assunto anche se il soggetto utilizza altri farmaci, ma è opportuno che l’assunzione del prodotto sia distanziata di almeno 2 ore da quella di farmaci orali. La confezione va conservata in luogo fresco ed asciutto.

 

Trombosi venosa profonda

Nei viaggi aerei di lunga percorrenza vi può essere il rischio di trombosi venosa profonda (Deep Vein Thrombosis o DVT). La prolungata immobilità, specialmente quando seduti, può portare ad un ristagno di sangue nelle gambe, che a sua volta può provocare edema degli arti inferiori, indolenzimento e senso di fastidio. Nella maggior parte dei casi di DVT,i trombi sono piccoli e non provocano alcun sintomo. Il corpo è in grado di scioglierli spontaneamente e non ci sono effetti a lungo termine. I trombi più grossi possono causare invece edemi agli arti inferiori, evidenza di varici, indolenzimento, e dolore. Occasionalmente, un frammento di trombo può rompersi e viaggiare con la corrente sanguigna fino ai polmoni dando origine ad embolia polmonare, che si manifesta con una sintomatologia diversa a seconda della dimensione dell’embolo e che può portare a dispnea grave, dolore toracico acuto, ed in alcuni casi a morte.

Il rischio di DVT quando si effettuano viaggi di lunga percorrenza è modesto a meno che non siano presenti uno o più dei seguenti fattori di rischio: storia di DVT o embolia polmonare nel viaggiatore o in una persona del nucleo familiare, uso di estrogeni (pillola antifecondativa) o terapia ormonale sostitutiva, gravidanza, interventi chirurgici recenti, particolarmente all’addome, alla regione pelvica o alle gambe, cancro, anomalie ereditarie della coagulazione, obesità, presenza di vene varicose.

Alzarsi e camminare  spesso durante il volo è importante, perché la contrazione dei muscoli aiuta il flusso ed il deflusso del sangue nei vasi, specie nelle gambe. Molte compagnie aeree forniscono consigli utili sugli esercizi che possono essere fatti rimanendo seduti durante il volo. Durante il volo i viaggiatori devono bere molta acqua ed evitare invece quantità eccessive di the, caffè, bibite zuccherine gassate e superalcolici per le loro proprietà diuretiche e disidratanti. Un’ altra misura importante è quella di indossare vestiti che non stringano e dotarsi di calze elastiche di qualità che facilitino il ritorno venoso degli arti inferiori.

Il ruolo dell’aspirina nella prevenzione della trombosi venosa profonda non è ancora stato definito con certezza. Ai viaggiatori che presentano un rischio maggiore di sviluppare una trombosi venosa profonda, a causa della presenza di fattori di rischio, può essere consigliata una profilassi con eparina a basso peso molecolare, come Parnaparina (Fluxum).