L’Italia sta continuando la sua missione militare ed umanitaria in Afghanistan pagando un prezzo elevato in vite umane per bonificare un territorio infestato dal terrorismo internazionale. Nel corso della missione internazionale sono stati 52 militari morti. Negli anni passati l’Italia si era distinta per interventi di carattere umanitario a favore di popolazioni provate da conflitti bellici, guerre civili, carestie, alluvioni, terremoti. I militari italiani sono intervenuti in Marocco (1960), in Vietnam (1979) nel Sinai (1982), in Libano (1982) in Mozambico (1985), nel Golfo Persico (1990), in Somalia (1992), in Albania (1997), e più recentemente in Iraq ed in Afghanistan.

I militari italiani stanno configurandosi sempre più come viaggiatori internazionali e sono esposti, oltre al rischio delle malattie tipiche dell’area geografica in cui operano, a quelli legati alla vita di comunità, al soggiorno in ambienti rurali, a quelli tipici della vita militare e ai rischi connessi alle operazioni di soccorso. Gli interventi delle nostre Forze Armate sono avvenuti in paesi la cui condizione igienico-sanitaria era oltremodo precaria con elevata mortalità e morbilità per malattie infettive. La vita militare si svolge in comunità,  spesso in condizioni di sovraffollamento. L’attività militare presuppone un notevole impegno psico-fisico, capacità di autocontrollo e di gestione dello stress.

I militari in missione devono essere considerati una categoria particolare di viaggiatori avendo peculiarità che la contraddistingue. La tutela della salute dei militari in missione all’estero spetta ai medici militari delle diverse  Forze Armate tutti facenti capo comunque al Ministero della Difesa. Rispetto ai civili, la tutela sanitaria dei militari presenta le seguenti differenze: l’aderenza  alle vaccinazioni e all’eventuale chemioprofilassi antimalarica non è facoltativa, ma obbligatoria in quanto volta a tutelare non solo il singolo militare, ma tutta la compagnia; l’obiettivo della tutela sanitaria rientra nel piano d’azione militare volto ad assicurare il successo dell’operazione militare; le persone con problemi sanitari particolari non vengono arruolati per la missione e non vi è dunque un counselling individuale ed un adattamento dei programmi vaccinali a seconda delle condizioni di salute dei singoli viaggiatori come nel caso dei civili o consigli specifici a seconda di età, sesso e condizioni di salute; la vita del militare si svolge in baracche, in condizioni di stress per la presenza di nemici, per l’uso di armi da fuoco, per operazioni notturne, per la partecipazione a combattimenti.

I rischi sanitari per i militari in missione dipendono dalle condizioni igienico-sanitarie del paese ove si recano, dalle condizioni climatiche ed ambientali, dalla qualità dell’approvvigionamento idrico, dal tipo di alimentazione, dal tipo di operazioni di soccorso o di controllo del territorio, dalla tipologia degli alloggi, dalla qualità della strutture mediche di riferimento, dalla possibilità di usufruire di stazioni di telemedicina, dalla possibilità di evacuazione verso ospedali attrezzati in caso di necessità, dalla copertura vaccinale e dalla profilassi antimalarica e dalla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse.

I militari italiani vengono coperti attraverso un programma vaccinale che comprende oltre alle vaccinazioni di routine quella contro la polio, l’epatite A, il colera, la febbre tifoide e la meningite meningococcica. Per quanto riguarda la profilassi antimalarica, nei militari, gli Stati Uniti prediligono l’uso della doxiciclina rispetto alla meflochina (per i possibili effetti collaterali sul s.n.c) e ad altri farmaci antimalarici.